L’Italia è una destinazione che attrae flussi turistici per i motivi risaputi. Un museo a cielo aperto dove l’arte e le vestigia storiche incontrano gastronomia e made in Italy offrendo un contenitore di opportunità vacanziere, unico.

L’elemento attrattore dunque è costituito dall’enorme Heritage (storico, culturale, monumentale) di cui il nostro Paese gode oltre a un’invidiabile posizione geografica al centro del Mediterraneo che crea una condizione meteo unica.

Confrontando questa condizione con altre destinazioni turistiche che hanno flussi in arrivo più importanti e con caratteristiche di gran lunga inferiori, ci si accorge che il livello di appeal del Belpaese ha qualche problema. È inutile ribadirlo, ciò è a conoscenza di tutti gli addetti. Manca una visione organizzativa e dell’offerta che vada incontro alle aspettative del nuovo Ospite e che personalmente ho trovato nelle nuove strategie di Marketing Museale di alcuni musei italiani. Lo scopo del marketing museale è quello di avvicinare l’offerta alle esigenze culturali dei potenziali visitatori, svecchiando il vecchio cliché di una visita statica e rendendola interattiva e avvolgente con tecnologia e storytelling. Ecco, svecchiare e proporre innovazione con competenza, questa potrebbe e dovrebbe essere la soluzione da implementare al vasto parco ricettivo e all’offerta, ancora con gestioni antidiluviane.

Volere è potere.

Personalmente, oltre le ataviche problematiche di totale indifferenza del governo rispetto al turismo, ricordo che questo rappresenta il 13% del PIL nazionale, indotto escluso. Sono stato sempre del parere di fare rete assieme agli attori del “contenitore territoriale” al fine di creare un prodotto tematico unico e non replicabile, proprio per il suo contenuto esclusivo di territorialità, di servizi, di enogastronomia, di “emozioni” . Un prodotto “da consumare” unicamente nel luogo di produzione e non replicabile, costruito da professionisti, i quali ognuno per la propria competenza, apportino un valore aggiunto di spicco.

Noi siamo l’Italia, dove ogni piccolo villaggio ha la sua unicità, il suo “prodotto” da poter offrire.

L’importante che venga fatto da professionisti competenti ed esperti.

Tutti sappiamo quanto potrebbe costare al Brand Destination, un’azione “raffazzonata” nella fase promo-commerciale anche compiuta da un solo attore. Avrebbe un effetto devastante, perdendo di credibilità nell’attento Turista di oggi che boccerebbe immediatamente la destinazione e non l’attore.

Quindi che siano i professionisti a modellare il prodotto, la formazione, la promozione e l’organizzazione. Diamo a loro i mezzi per farlo senza entità di comodo che ostacolino l’operato con azioni maldestre e forse riusciremo a risalire la china di Paese ad alta vocazione turistica.

Mino Reganato

Stamani mi sono soffermato sulla notizia relativa all’incremento delle dimissioni volontarie, per capirne la dinamica e le ragioni che induce tanti lavoratori a lasciare il posto di lavoro in un momento così delicato per la nazione.

Toccano la quota di circa 1,6 milioni, le dimissioni registrate nei primi nove mesi del 2022, che producono un incremento del 22% rispetto al 2021 quando ne erano state registrate più di 1,3 milioni.

Le motivazioni possono essere diverse ma personalmente, temo che vi sia un decadimento dei modelli organizzativi, oramai obsoleti e non più al passo con le aspettative dei lavoratori e dei nuovi mercati.

Le imprese dove si sviluppa un benessere lavorativo e qualitativo in Italia sono una piccola minoranza e rappresentano circa il 5% del panorama aziendale, il resto è rappresentato da piccole realtà imprenditoriali dove è raro lo sviluppo di forme di welfare integrativo, la contrattazione aziendale è statica, antimeritocratica e mancante di una gestione che favorisce un sistema trasparente di gratifiche che potrebbero rappresentare lo sprone a fare meglio.

Il settore turistico-alberghiero è tra quelli che soffrono maggiormente di tale incombenza. In aggiunta, non si eroga formazione in un contesto (tra i quali quello della gestione empatica dove una mancanza di interesse e di empatia nell’interlocutore può causare fraintendimenti, tensioni, scarso senso di appartenenza e cali di motivazione) dove la stessa dovrebbe essere obbligata periodicamente oltre al fatto di non generare una forma di conciliazione vita-lavoro.

Da qui s’innescano altresì, cali di crescita economica e professionali!

Probabilmente, le ragioni ancora attuali e relative alla difficoltà di reperire personale alberghiero risiedono anche in questa problematica. Un’insoddisfazione crescente per la manifesta staticità del lavoro in albergo e un malessere causato da una mancanza di valorizzazione lavorativa da parte dell’azienda. 

Una condizione diffusa, acuita tra l’altro dalla recente condizione pandemica che ha segnato di fatto, un attributo apripista per l’indirizzamento verso lavori in smart-working, più flessibili e con orari che concedono al lavoratore più tempo per la famiglia.

Un fenomeno preoccupante per il reperimento di personale, tra i quali possibili talenti, che bisognerebbe risolvere a monte, riformulando il modello produttivo attraverso una riconversione della gestione aziendale, finalmente indirizzata verso il maggior coinvolgimento del lavoratore al quale concedere la giusta valorizzazione quale elemento chiave della gestione aziendale.

Mino Reganato