Siamo così inflazionati da pseudo opinionisti del fisco che le eresie con cui questi si riempiono la bocca ed alimentano i media oramai bivaccano sopra quella linea di confine altalenante tra il comico soggettivo ed il tragico oggettivo. Dove nella zona di equilibrio l’italiano medio viene, sapientemente e spesso a sua insaputa, imprigionato. Oramai immune da questo bombardamento martellante, tutto gli scivola via passivamente. E spesso, per sfinimento, anche lo spirito critico preferisce la quiete del letargo.

È indubbio che il diritto tributario giochi la parte del leone anche in questo contesto da crisi di governo. Ma non solo in questo contesto, chiaramente. O meglio, dovrebbe giocare questo ruolo se la sua conoscenza fosse palese agli addetti ai lavori. Ed invece l’uso del condizionale va oltre l’obbligo del caso. Da diritto tributario sembra piuttosto essere diventata un’arte tributaria. Da certezza obiettiva, seppure a volte ma comunque scientificamente opinabile, a creatività dell’improbabile influencer mediatico di turno. Siamo spettatori passivi seduti su poltrone -scomode- di una galleria buia e malandata, lontana anni luce dalle poltrone -comodissime- del palco, illuminato da una coltre di luce bianca. In un teatro dove spesso improvvisati attori principali, dal profondo della loro ignoranza (nella principale accezione del termine), decidono norme tributarie che, come schegge impazzite, dicono tutto ed il contrario di tutto. A volte anche con proroghe postume, come ci è capitato di assistere.

O con interpretazioni che si elevano a norma, andando addirittura oltre e contro di essa. Maschere che, oramai senza la pur minima timidezza nell’esporsi, si coprono il volto di scoop propagandistici a sfondo fiscale. Cercando di accaparrarsi, a colpi di eresie, l’ingenuità e/o la rassegnazione dello spettatore più distante. Dall’arte del sapere all’arte del sapersi vendere il passo è stato breve. Ed ineluttabile. Ma la colpa non è la loro. Anzi, tutt’altro! Si sanno vendere -e sapientemente- perché il contesto della domanda è diventato terreno sì sterile ma allo stesso tempo fertile perché questo accadesse. E così assistiamo ad “oratori” che parlano di imposte e tasse con una tale leggerezza, come se parlassero del “metti mi piace e condividi” all’ultimo selfie dell’influencer adolescenziale di turno. O ancora a venditori di sé stessi che, attraverso i canali giusti dei media sapientemente selezionati e accondiscendenti, si prendono gioco di chi il commercialista lo fa per professione, con cognizione, passione, sacrificio, responsabilità e diligenza dell’ottimo padre di famiglia. Ma, ripeto, la colpa non è loro. La passività di chi dovrebbe agire per arginare questo fiume in piena sta diventando imbarazzante.

Ed insostenibile! E così gli anni luce che separano le poltrone dalla galleria, buia, da quelle, luminose, del palco si allungano sempre più peggiorando la visione miope sulla realtà.

Ma per quanto ancora? Non vogliamo mica aspettare i posteri per l’ardua sentenza! Dulcis in fundo: da oggi -ed annunciata in pompa magna- partirebbe la lotteria degli scontrini. Il condizionale è d’obbligo, visto le difficoltà oggettive e di convenienza economica degli esercenti da un lato e le limitazioni soggettive di chi è avverso alla tecnologia dall’altro.

Nel mezzo bivacca, come la cantilena di un disco rotto, il solito fine che, secondo chi ha concepito l’idea, dovrebbe giustificarne i mezzi: combattere l’evasione fiscale. Ok, appena finiremo di ridere per la battuta, ci sarà solo da piangere. Sperando che la prossima estrazione non sia sulla ruota del default.

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